La porta della nostra chiesa si è adornata a festa.

La chiesa tutta è vestita a festa. Bella come una sposa che attende il suo sposo. Bella, nella speranza che lo sposo venga. E lo sposo è venuto.

Stanotte lo Sposo ha visitato, fedele, come promesso, la Sua sposa. Le parole della promessa si sono compiute.

La porta della nostra chiesa ricorda la Porta Santa, bella, che ieri sera papa Francesco ha aperto presso la Basilica di San Pietro. Vestita a festa, anche la grande chiesa che ha accolto festosa una commovente rappresentanza di popoli. Perché la Chiesa, la Sposa, è l’unione di popoli e genti, in un unico popolo. La Sposa è una, come la porta attraverso cui passa ogni suo membro, invitato alle nozze.

La Porta e la Sposa.

Ero lì in piazza, ieri sera, tra il popolo. Mi ha colpito notare come la Porta Santa sia al tempo stesso tanto maestosa da destare meraviglia, e tanto piccola in confronto a tutta la Basilica da motivare una ricerca. Sta lì, come in un angolino.

Ricorda la porta piccola della Basilica di Betlemme, che racchiude come in uno scrigno il luogo in cui è nato il Salvatore. Lì è venuto, nella carne, il Dio Bambino, e ora una Basilica riveste di splendore secolare l’angolino della casa dove era deposto lo Sposo: una mangiatoia, divenuta altare. Vi mangiavano gli animali, per scaldare gli ospiti della casa. Ora vi mangiano coloro che sono parte della Chiesa, della Sposa, per scaldare il proprio cuore alla presenza viva dello Sposo.

È l’Eucaristia.

La porta piccola della Basilica di Betlemme obbliga a chinare il capo per potervi entrare. È un gesto di umiltà, di rispetto, ma anche di tenerezza. Lo Sposo è un Bambino, è piccolo: ci si china per adorarlo, come hanno fatto i pastori, i primi a rispondere “sì” all’invito alle nozze.

La Porta Santa ci dà accesso alla sala delle nozze, al luogo in cui ci attende lo Sposo.

Lui è venuto, ed ha aperto definitivamente la porta. Si è fatto piccolo, per non spaventare nessuno: lui è Dio, ma è un Dio umile, un Dio tenero, un Dio profondamente rispettoso della sua creatura. Che siamo noi, gli uomini e donne invitati alle nozze, plasmati di quell’umanità affascinante, ma anche fragile e forse insidiosa.

La porta è piccola, ma è aperta.

Per sempre. È aperta per essere segno e strumento di speranza. Siamo invitati ad attraversarla. E non una sola volta, non quest’anno solamente. Il simbolo della porta nella nostra chiesa e in tutte le chiese del mondo ci mostra la verità del cuore di Dio. Il suo cuore ha scardinato la porta e accoglie con amore tutti. La porta è aperta perché tutti possiamo passare. Siamo invitati a entrare. Siamo invitati alla stanza più intima, per stare alla presenza dello Sposo, del Bambino che desidera farsi toccare, farsi conoscere, farsi amare. Perché Lui ci ama, ci conosce, ci vuole toccare con le mani tenere dello Sposo.

Come sarebbe triste che quella porta rimanesse abbandonata e sola. È piccola, necessita un passo da parte nostra e un gesto di umiltà. Per entrare nell’amore di Dio siamo chiamati ad alzarci, a camminare.

A chinarci per adorare.

Non lasciamoci però vincere dalla pigrizia, dal timore di non farcela, dal senso di inadeguatezza, dalla superbia di chi pensa che può farcela da solo. Un’umanità angosciata e stremata da tante ferite di odio e di violenza invoca uomini e donne umili, coraggiosi, veri che scelgano la via della speranza. Che viene solo da Dio. La speranza ha attraversato quella porta, e la porta di ogni cuore nel momento stesso in cui ci siamo aperti alla relazione con Dio. La speranza attende pellegrini, attende ciascuno di noi per essere portata in braccio fino ad altri cuori, ad altre stanze, ad altre sale: si chiama Gesù, è nata per noi stanotte.

“Il Verbo si è fatto carne… e ha posto la sua tenda in mezzo a noi”: la tenda non ha porte. È sempre aperta. Lo Sposo, fatto Bambino, è venuto e ci attende. Non lasciamo scorrere passivi o indifferenti il tempo di questo anno giubilare che è iniziato. La speranza sta in lui: si chiama perdono. È per tutti.

Andiamo, come i pastori. Sarà la gioia il nostro vestito di nozze.

Buon Natale!

p Luca Garbinetto, pssg