Lc 2, 16-21 – Solennità della SS. Vergine Maria Madre di Dio
Come i pastori, Maria, veniamo anche noi, senza indugio, e sostiamo davanti alla mangiatoia.
Contempliamo il bambino, e tante emozioni si affollano nel nostro cuore. Tra la commozione e lo stupore, tra la gioia e il rimpianto per non averlo conosciuto prima, prevale la gratitudine, Vergine Santa.
Sì, perché come i pastori anche noi arriviamo qui, vicino al piccolo Gesù, prendendo consapevolezza di non esserci certamente meritati tanta grazia. Il tempo passa senza che noi lo generiamo: è tutto dono, la vita è dono.
Siamo sinceri, Madre dolcissima: in qualche momento abbiamo creduto di essere noi artefici della nostra vita, e padroni del tempo. Abbiamo pensato di essere proprio noi gli unici veramente meritevoli di accostarci a tuo Figlio.
Siamo coloro che hanno cercato di compiere con fedeltà i suoi comandamenti per tutto l’anno – ci diciamo -, siamo quelli che vengono più spesso a trovarlo anche quando gli altri sono indifferenti e lontani, siamo noi in fondo che ti abbiamo aiutata a preparare il necessario per la piccola dote del fanciullo. Non vedi come è bella la stalla quando ci siamo noi a sistemare le fasce e le piante?
Maria, scusaci: quanta superbia in questo nostro atteggiamento.
Altro che pastori: ci sentiamo dei piccoli signori, quasi dei padroncini…
Di cosa poi?
Scusaci, Maria, ma un po’ di colpa ce l’ha proprio il tuo Figliolo. Sì, perché già da piccolo ci fa sentire importanti. Come i pastori, che esultano di gioia…
Ma la gioia è lui, Gesù, non i nostri meriti o le nostre conquiste. Quanto è facile cadere nella tentazione di sentirci a posto e, di conseguenza, di giudicare gli altri, quelli che ancora non hanno fatto il passo, che ancora fingono di non accorgersi di lui e di te, o peggio ancora che vi giudicano una famigliola fra le tante.
Madre dolcissima, perdona, insieme al tuo Sposo e al tuo Figliolo, la nostra pretesa di essere i migliori.
Se siamo qui ancora stasera, è per imparare di nuovo a sentire e a dire soprattutto grazie.
Grazie perché ci sei tu, con il tuo fedele Giuseppe, e perché grazie a voi è venuto Gesù, il Salvatore. Lui è il Salvatore, e noi i primi ad avere bisogno di salvezza.
Guardiamo indietro, torniamo ai canti degli angeli e alle luci dell’anno trascorso, insieme ai pastori, e ci accorgiamo di avere ricevuto tante benedizioni. Tutte immeritate, questo è il punto. Tutto gratis, “grazia su grazia” direbbe il cantore poeta Giovanni.
Guardiamo indietro ai giorni trascorsi e riconosciamo anche le notti, come la notte in cui sono stati visitati dall’Alto i pastori. Notti di dolori, notti di fallimenti, notti di paure: anche questo è l’anno che finisce. Ma pure lì percepiamo chiaramente che non ci avete lasciati soli, voi, migranti di Betlemme, esuli di Egitto, famiglia di Nazaret. Siete come noi, ecco perché tanti si confondono e pensano di non avere bisogno di frequentarvi.
Guardiamo indietro, tra luci e ombre, e ci accorgiamo, Maria, che la vita intera è un tessuto prezioso di presenza: la tua, quella di Gesù. La presenza dello Spirito dell’amore, che intesse ricami meravigliosi anche dove sembra umanamente di scorgere solo tragedia.
Sorella carissima, ci esce però un altro pensiero, per cui doverci scusare: sentiamo infatti sibilare insistenti le bombe della guerra e piangere i bambini della tua terra, e di tante altre terre martoriate dall’odio e dalla violenza. Tu ci insegni a non chiudere occhi e orecchie, a non restare immersi solo in noi stessi. Il tuo meditare ha il sapore della missione: già dalla greppia di Betlemme tu diventavi Madre di tutti i popoli, soprattutto dei più fragili.
Come dire grazie in tanto dolore? Mamma, tu ci insegni a ringraziare con la tua silenziosa ma fedele presenza. Meno parole e più gesti di amore. Ci sei, ecco il punto. Come c’è Gesù, che da te ha imparato l’arte della cura discreta e tenace. Ci sei anche quando la spada trafigge il tuo cuore.
Ecco il nostro grazie. Non perché “andrà tutto bene”, ma perché ci sarà bene dappertutto. Perché ci sei stata e ci sei e ci sarai tu, con Lui, che è l’Emmanuele, il Dio con noi. Yahvè che si è fatto bambino per poter stare dove i grossi non possono e non vogliono stare: fra le braccia di ogni donna e uomo che scopre di poter essere compagno di cammino del Salvatore.
Maria, dolce Madre nostra, perché Madre di Dio, grazie per questo anno in cui non ci avete lasciato. Grazie per l’anno che inizia, con una promessa che è già compimento: nel tuo cuore, nel suo palpito, è custodito ognuno di noi. Il suo battito dà il ritmo della pace. Rendici gioiosi orchestrali di questa armonia di pace, mai da soli, ma con i nostri fratelli e sorelle, con i prossimi di ogni nostro giorno giubilare.
p Luca Garbinetto, pssg