La parte migliore

Lc 10, 38-42 – XVI domenica del tempo ordinario – C

Splendido quadretto familiare, quello di Betania, arricchito dai dettagli sparsi in altre pagine dei vangeli che facilmente ci fanno immaginare quel momento tanto feriale dell’incontro di Gesù con Marta, la padrona di casa, e Maria sua sorella. Inno all’amicizia, lo sappiamo da secoli, questo luogo di ospitalità e di cura, dove non è difficile intravedere, seppur non menzionati, anche i volti affaticati e stupiti dei discepoli, il sorriso silenzioso e bonario dell’uomo di casa, Lazzaro, e forse persino i veli delle donne che percorrono le strade polverose della Palestina sui passi dello strano Maestro galileo.

Emergono rapporti e dinamiche tanto ordinarie e conosciute a chiunque abbia la grazia di vivere in un contesto di famiglia o di comunità, e questo dà un sapore di incantevole prossimità al mistero del Dio incarnato. Davvero il Figlio dell’Altissimo ha conosciuto tutto della nostra umanità, e lo percepiamo stanco, affamato e assetato mentre entra nel villaggio giudeo, come pure felice di essere accolto da visi noti e amati nelle vicinanze della dura e solenne città di Gerusalemme.

Il Signore trova ristoro.

Chi lo ospita si prende cura di lui, con la prontezza e l’efficacia di una ineguagliabile massaia israelita. Marta avrà davvero avuto un bel daffare, con tanta gente al seguito di questo amico caro, ma anche Rabbi impegnativo e famoso. Non c’è nulla di male nel bisogno di fare pure bella figura: chi di noi, in fondo, non c’è passato almeno una volta nella vita?

Ma un ospite, e tanto più un amico, ha anche bisogno di una attenzione particolare in ciò che ha da dire, nel bisogno di raccontarsi, nel desiderio di condividere e scavare l’intimità che unisce attraverso la magia delle parole. Maria è emblema della donna che sa fare spazio, accorgendosi che l’altro, per altro mancato da tanto tempo nei paraggi dell’abitato, ha molto di sé da comunicare e gli piace che qualcuno lo ascolti. Nulla di male anche nel pensare che la sorella minore avesse in fondo più gusto nel dialogare che nell’affaccendarsi fra le pentole, e che in fondo stesse pure bene con gli occhi e le labbra di Gesù tutte per lei, almeno in quelle ore.

Meravigliose, queste dinamiche di rapporti umani, dove non sorprende il moto di gelosia di Marta, sorella maggiore, e nemmeno il suo rivolgersi al Signore rimproverando indirettamente la più piccola… ma prendendosela in fondo proprio con l’ospite d’onore. Siamo fatti così, lo erano anche i discepoli e gli amici più prossimi del Messia di Nazareth.

L’oltre è la “parte migliore”

Ma l’evangelista non ci dice tutto questo per giustificare le reazioni impulsive, o i comportamenti agitati e frettolosi. Non esalta nemmeno la pigrizia, ci mancherebbe. Neppure contrappone l’agire al pregare, o l’opera alla contemplazione: queste letture dicotomiche non sono parte del regno dei Cieli. Luca spinge oltre, partendo da questa consapevolezza delicata e precisa di come stanno le cose dei cuori. O meglio, ci spinge oltre proprio il Signore, che non a caso è riconosciuto come tale proprio da colei che sembra tirargli le orecchie imbronciata e rancorosa.

L’oltre sta nelle parole di Gesù, che richiama a porre attenzione alla “parte migliore”, o “che viene prima”, e comunque a ciò che più di ogni altra cosa ha valore. Gesù richiama l’attenzione proprio su di sé. Sta qui il nocciolo della questione. Marta invoca un pizzico di attenzione per se stessa, più che per il suo mestiere. Vorrebbe avere anche lei tutti gli occhi del Signore volti alla sua persona. E così, poiché non se ne rende conto, corre, briga e lavora sperando in fondo che Gesù se ne accorga e la veda. Non tanto la ringrazi, semplicemente la veda.

Noi ci sentiamo vivi se qualcuno ci guarda, esistiamo perché gli occhi di qualcuno si posano sulla nostra persona. Quel che accade a Betania è che è entrato in casa colui che ha lo sguardo da sempre poggiato sul volto di ognuno di noi, e sempre con amore. Marta è distratta, e non coglie il miracolo, almeno non subito, e lascia emergere l’invocazione, il grido, il desiderio del cuore. L’affanno la prende, come attanaglia anche noi nei nostri affari, poiché dimentica di avere già a portata di mano quello che brama con tutto se stessa, e che pensa di doversi guadagnare: gli occhi di Gesù, lo sguardo dolce del suo Signore, il sorriso nelle pupille dell’Amico e Sposo e Salvatore. È Lui la parte migliore!

Siamo tutti così: orfani di questi occhi luminosi dell’Altissimo.

Tutti spesso smemorati, affannati a cercare di rincorrerlo, di conquistarlo, di attirarlo con i nostri meriti e le nostre opere buone. Ma Egli è già qui, Egli già posa tutto il proprio amore su Maria, come su Marta, come su ognuno dei commensali e su chi tra noi decide finalmente di sedersi a tavola e smettere di pensare che deve stendere lui la tovaglia o portare a mensa il pane. Troviamo tutto pronto, che ci attende. Egli è l’Amico, sta con noi anche quando non pensiamo che ci debba stare. Questo porta la pace che desidera il nostro cuore inquieto e il nostro intrepido anelito di vita.

Domani Marta continuerà a correre, si affannerà ancora per gli ospiti, forse avrà ancora qualche impulso di gelosia verso Maria, che probabilmente resterà davvero una giovane sognatrice poco pratica e dinamica. Ma domani, accanto alla pentola del grano che cuoce, se bollirà il nervosismo oltre che l’acqua, a Marta tornerà in mente non solo la parola del Signore, ma soprattutto il suo sguardo. E tornerà subito nella pace, perché anche lì, ai fornelli, avrà scoperto che può godere della parte migliore.

p Luca Garbinetto

Pia Società San Gaetano